Tradizioni
La storia di migrazioni di cui è ricca la Calabria, la ricchezza della natura la realtà di minoranza ha fatto sì che tutto ciò che esiste venga potenziato ed amplificato dagli Arbresh. La necessità di preservare se stessi, di mantenere la propria diversità ha indotto gli arbreshe ad ottimizzare tutte le realtà che hanno avuto modo di toccare.
La sapida tradizione contadina ha potuto resistere all’ondata di modernizzazione spinta e trovarsi pronta ad accogliere la nouvelle vague del ritorno ai sapori veri e antichi alla natura in tavola ai ritmi mai smarriti dello slow food ante litteram, che si uniscono alle più moderne tendenze in un unico armonioso vivere.
Nella Ristorazione a Firmo si possono apprezzare le paste antiche la dromsa e la shtridhla, con la stessa sapienza vengono serviti nei freschi soggiorni di casa tra gli antichi lini e nei moderni ristoranti e pizzerie sopressate secondo la segreta ricetta firmense salsiccia, vohollar, ndula, drudhza.
I panifici con altrettanto gelosa cura offrono la pita, (pizza con pomodori e peperoni o olio e origano) tortane (dolci di Pasqua) viskote e viskotine(taralli dolci e salati), petulla.
La lingua antica, parlata correntemente si colora di espressioni idiomatiche uniche e parlanti un mondo altro che percè osa il futuro nei suoi cantautori.
Il ricamo in oro, un tempo destinato alla nusja (sposa) ora adorna le case e impreziosisce ancora il minuto giubbetto, xhipuni, una piccola corazza di oro e seta.
Costumi
L’abito di gala ha avuto una sua funzione completa fino agli anni cinquanta circa, era parte integrante della pattuazione matrimoniale, la sposa lo portava in dote.
Linja: Di lino tessuto al telaio o di cotone, lunga fino ai piedi, aperta nel petto dove va apposto il merletto e le maniche larghe con un breve polsino alle ascelle si faceva una aggiunta di stoffa per permettere la migliore agibilità nei movimenti, cosa venivano aggiunte die triangoli di stoffa per allargarla al fondo.
Milleti: Una larga bordura di tulle ricamato a firellini rami, foglie, motivi geometrici, ed altri motivi, alcuni confezionati anche ad uncinetto ed abilmente arricchiati in modo che con la stiratura ad amido possano essere raccolti in minute piegoline. Si cuce sulla linja, al bordo della scollatura.
Sutavestat: sottovesti, sono più di una, in batista ricamate con un bordo smerlato o in Sangallo, hanno una balza sul fondo per far stare più disteso il fondo e mettere un evidenza la gala d’oro della kamizolla.
Petini: rettangolo di stoffa fine, lino finemente ricamato che si inseriva nell’apertura della camicia per coprire il seno
Kamizolla: gonna: plissettata lunga fino ai piedi di stoffa laminata o di raso, il colore va dal cremisi al ciclamino al rosso, sul fondo porta una banda di gala d’argento
Coha: gonna plissettata lunga fino ai piedi di stoffa laminata o di raso, dal colore azzurro intenso, con larga gala di oro sul fondo.
Xhipuni: il giubbetto di stoffa laminata o di raso, azzurro intenso, porta un bordo continuo di gala d’oro sul bordo e sui polsi sulle spalle tre bande fella stessa gala, le maniche sono interamente ricamate a minuti motivi floreali e geometrici in filo d’oro e arricchiti di strass.
Keza: era un accessorio tipico della mise nuziale e poi delle donne sposate è un accessorio rigido che va a coprire lo chignon fatto di seta trapuntata e guarnito di oro;
Kallucjet: jan ben me dur me kater hekur me penj pellikan (la marca) t’ holl
Kpuct: le scarpe sono di tessuto laminato dello stesso azzurro del giubbetto
Pani: il panno uno scialle di raso o di seta cruda mano bordata di alta gala in oro
Petnaturi: acconciatura di fiori di pizzo con il velo che la sposa posava sui capelli
Velli i bardh: Il velo bianco sottile intessuto in oro per il matrimonio di pizzo un po più pesante con smerlo in oro per la prima messa domenicale a 8 giorni dalle nozze.
Il costume di mezza festa Kamizolla di seta la linja con milleti meno pregiato e giubbetto di raso nero.
Il costume giornaliero caratterizzato dalla Kamizolla di cotone o lana, con la fascetta di raso verde, il giubbetto di panno o seta nera, ornato di bianco.
Il costume di lutto ha la solita kamizolla rossa ma la coha di lana verde e il giubbetto sono di lana verde
Il costume per le ragazze da marito è costituito dalla sottogonna pieghettata, rosa o celeste, sopragonna marrone e camicetta a vari colori, spesso era blu a fiorellini bianchi.
La lingua Arbrisht di Firmo
L’albanese è universalmente considerato lingua indo-europee. L’arbresh, la lingua dei paesi italo albanesi d’Italia ha delle caratteristiche che si sono sviluppate nei secoli di vita nella diaspora italiana con grandissimi poeti quali Gerolamo De Rada e il nostro Vorea Ujko.
La parlata albanese di Firmo, come tutte le parlate albanesi d’Italia presenta le caratteristiche dell’albanese meridionale, ossia di quelle parlate comprese nella denominazione di dialetto tosco: rotacismo, riduzione delle vocali nasali ad orali, ecc.
Lontana ormai da oltre cinque secoli dalla terra d’origine, questa parlata, mantiene tuttavia ancora oggi quasi intatta la struttura fonologica, morfologica e sintattica dell albanese comune.
L’influsso e la penetrazione dell’italiano, attraverso i dialetti meridionali, la si può riscontrare principalmente nel lessico. Non si hanno documenti scritti nella parlata di Firmo anteriori al nostro tempo.
Le caratteristiche essenziali sono per quanto riguarda i mutamenti consonantici:
1. L’assordimento delle consonanti sonore (neutralizzazione della sonorità in finale di parola o davanti a consonante sorda, fenomeno comune a molte parlate albanesi, in questa parlata ha luogo solo sporadicamente e varia da parlante a parlante .
2. L’assimilazione regressiva rara e la si trova solo come variante libera: mjes dit: mezzogiorno.
3. L’alternanza consonantica ha luogo solo in funzione morfologica (es. k /q: pjak : anziano).
La parlata di Firmo ha i seguenti sei fonemi vocalici: i, e, e, a, o, u.
I fonemi a, e, i, o, u si realizzano sempre come a, e, i, o, u in qualsiasi posizione, anche quando siano lunghi: ( ha mangia tu, ha: mangio) edhe anche, pe: vidi; pi bevi, pi: bevo, kolla la tosse, ko:ll tosse; druri il legno, dru: legno.
Il fonema ? si realizza come tale / ? / solo in posizione tonica: hna la luna, bnj faccio, at quello (acc.), m: pi, ancora, faregj: (niente).
In posizione atona ha i seguenti esiti:
In fine di parola si dilegua (es. buk :pane > buk; burr :uomo > burr). A volte, in questo caso, si ha una compensazione di lunghezza (es. mma: madre > m:m, moll mela > mo:ll). Cosa sparisce anche in posizione postonica.
Per ciò che concerne la Morfologia la parlata albanese di Firmo ha tre generi, come in albanese comune: maschile, femminile e neutro ( es. maschile: burr uomo, gu:r: pietra ; femminile: grua : donna, drit:luce; neutro: djath: formaggio, bar: erba).
Il neutro ha più spesso senso collettivo o di massa: l’erba in genere o tutta l’erba, l’ammasso di frumento, ecc. Per indicare l’unitù il neutro diventa maschile: djathf , il formaggio in genere, ma: djathi il formaggio, una forma di formaggio.
I numeri sono due: singolare e plurale.
La formazione del plurale avviene secondo i moduli dell’albanese letterario , ma non sempre sono applicati allo stesso modo, per cui una desinenza o suffisso o puè essere più o meno adoperata in questa parlata; cosi, ad esempio, molto più diffuso che nell’albanese letterario è il suffisso ra per la formazione del plurale-maschile.
La declinazione dei sostantivi segue gli schemi dell’albanese letterario, tranne che al genitivo-dativo singolare femminile indeterminato e determinato, dove si ha il suffisso je invece di e dell’albanese letterario (es. ditje:di giorno, herje : di ora).
La declinazione dei sostantivi, come in albanese letterario, presenta due aspetti: la declinazione indeterminata e la declinazione determinata. I casi della declinazione sono gli stessi dell’albanese comune, poiché, per, spesso alcuni casi hanno un unico segnacaso. La declinazione degli aggettivi non si scosta dal tipo dell’albanese letterario, ma si tenga conto sempre della caduta di e in fine di parola.